A cosa serve la FOTOCHIMICA?
La fotochimica offre un valido contributo nel campo della sintesi: essa infatti permette di realizzare processi chimici spesso proibiti per via termica, sfruttando le profonde modifiche delle proprietà chimico-fisiche delle molecole indotte dall'assorbimento della luce.
Dal punto di vista applicativo, la fotochimica sta assumendo crescente importanza nell'ambito della "chimica verde": la luce infatti può essere considerata un ‘reagente’ intrinsecamente pulito in quanto attiva il substrato senza lasciare traccia nell'ambiente di reazione, facilitando i processi di purificazione e isolamento dei prodotti. La fotochimica si configura dunque come uno strumento efficace per la realizzazione di uno "sviluppo sostenibile", nel rispetto dell'ambiente e delle sue risorse.
La ricerca condotta nei nostri laboratori coniuga due diversi aspetti: uno preparativo, volto ad ottimizzare le rese e le condizioni di reazione (con particolare attenzione verso target sintetici di importanza industriale), e uno teorico, inteso alla comprensione dei meccanismi di reazione (step indispensabile per un'ottimizzazione sintetica). Quest'ultimo aspetto è supportato da studi di spettroscopia steady-state (assorbimento, fluorescenza e fosforescenza) e risolta nel tempo (Laser Flash Photolysis, Single Photon Counter), oltre che da analisi computazionali (software: Gaussian, Gamess, ADF e Molcas).
La realtà fotochimica nel nostro laboratorio
Molto spesso la fotochimica viene vista come una realtà completamente separata rispetto alla chimica (termica) tradizionale. In effetti, le reazioni realizzate con l'ausilio della luce e quelle che si servono del calore rappresentano due facce della stessa medaglia, metodi differenti per ottenere lo stesso scopo. Questa netta separazione, tuttavia, assume spesso una connotazione negativa e fa in modo che la fotochimica non sia particolarmente popolare (non solo in ambito accademico, ma anche in quello industriale) e, anzi, venga relegata in una posizione assolutamente marginale. In realtà la fotochimica organica ha un elevato potenziale sintetico, come testimoniato da svariati lavori presenti in letteratura (cfr., ad esempio: A. Albini, M. Fagnoni Eds., "Handbook of Synthetic Photochemistry", 2009, Wiley-VCH, Weinheim), tuttavia è ben lontana dall'essere pienamente sfruttata, se non da un ristretto numero di gruppi di ricerca.
Lo scopo di questa breve sezione è quello di presentare la realtà di un laboratorio fotochimico, illustrando le principali strumentazioni che vengono da noi quotidianamente utilizzate. Ci proponiamo in tal modo di mostrare cosa significa veramente "fare" fotochimica e di rendere questa disciplina un po' meno esotica e alla portata di tutti...
L'ingrediente principale di una reazione fotochimica è sicuramente la luce. Nella maggior parte dei casi si utilizzano delle sorgenti luminose di tipo LED, con emissione in specifiche regioni dello spettro, che vanno dal vicino UV al visibile. Il nostro laboratorio utilizza LED Kessil ad alta potenza per la maggioranza delle applicazioni sintetiche, come mostrato nelle figure seguenti.
In passato, si utilizzavano lampade con emissione nell'ultravioletto, per cui si rendeva necessario l'utilizzo di contenitori in quarzo (cfr. figura sotto, a sinistra). Nella figura a destra, invece, sono riportate le diverse tipologie di lampade disponibili: dall'alto verso il basso, una lampada a vapori di mercurio a bassa pressione (254 nm), due lampade "phosphor-coated" (centrate rispettivamente a 310 e 360 nm), una lampada a vapori di mercurio a media pressione per reattore a immersione e, per finire, una lampada a vapori di mercurio ad alta pressione.
Le diverse tipologie di lampade presentate possono essere assemblate secondo le necessità sperimentali, ricorrendo a:
Reattore multi-lampada (Rayonet) |
Reattore a immersione | Porta-lampada comuni |
In molti casi, non è necessario ricorrere alla radiazione UV per condurre le reazioni, ma si può sfruttare la luce diretta del sole (la cui componente principale cade nel visibile), semplicemente esponendo dei recipienti di vetro sul davanzale della finestra, come rappresentato nella figura seguente.
Come noto, tuttavia, l'intensità della radiazione solare è soggetta a variazioni in funzione delle condizioni meteorologiche e della posizione geografica. Per ovviare a questo inconveniente, è possibile ricorrere ad un simulatore, che riproduce lo spettro solare servendosi di una lampada allo Xeno; la figura seguente mostra la SolarBox in dotazione al nostro laboratorio.
Una tesi nel laboratorio di fotochimica è di fatto una normale tesi di chimica organica dove, a seconda dei casi, verrà trattato maggiormente l'aspetto sintetico, meccanicistico o applicativo.
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